La regione Abruzzo ha una superficie forestale di quasi 400.000 ettari, gran parte di tali superfici sono occupate da formazioni forestali montane situate al di sopra dei 1000 m. s.l.m., la restante parte è occupata da boschi collinari e rimboschimenti realizzati nel corso del secolo scorso.
Categoria Forestale | Superficie Ha |
Boschi di abete rosso | 362 |
Boschi di Abete bianco | 724 |
Pinete di Pino Silvestre e montano | 1.086 |
Pinete di pino nero, laricio e loricato | 19.158 |
Pinete di pini mediterranei | 2.534 |
Altri boschi di conifere | 1.448 |
Totale Conifere | 25.312 |
Faggete | 122.402 |
Boschi a rovere, roverella,farnia | 81.779 |
Cerrete, boschi di farnetto | 30.741 |
Castagneti | 5.068 |
Ostrieti,carpineti | 46.145 |
Boschi igrofili | 20.270 |
Altri boschi caducifogli | 48.760 |
Leccete |
8.687 |
Totale Latifoglie | 363.852 |
Totale superficie forestale regionale | ha 389.164 |
dati INFC |
Circa il 30% del territorio regionale è occupato da aree protette, fattore che favorisce una maggiore vigilanza di tali aree e in alcuni casi una maggiore possibilità di interventi di conservazione e manutenzione soprattutto a carico dei soprassuoli forestali.
Parchi nazionali | 272.710 |
Parchi regionali | 50.288 |
Riserve statali | 17.783 |
Riserve regionali | 10.403 |
Altre aree protette | 1.067 |
Totale | 352.251 |
Superfici forestali comprese in area protetta | ha 179.801 |
La graduale riduzione dell’agricoltura e della zootecnia nelle aree marginali, sia collinari che montane della regione, ha favorito una graduale estensione delle superfici boscate, che con il tempo hanno gradualmente rioccupato le superfici sottratte al bosco dalle attività agricole-zootecniche.
A tale fenomeno si è aggiunta, a causa degli elevati costi di utilizzazione e delle caratteristiche dei soprassuoli forestali abruzzesi (morfologia, qualità dei prodotti, etc.), una progressiva diminuzione dell’utilizzo produttivo delle superfici forestali.
Risultato di tale percorso evolutivo è uno stato dei soprassuoli forestali caratterizzato dalla mancanza di operazioni selvicolturali, da disordine strutturale e dalla progressiva riduzione della distanza tra le aree urbane dei centri montani e le aree forestali di neoformazione che favorisce il pericolo degli incendi di interfaccia bosco-abitati.